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Il caso di Carlo e il suo panico

Claudio, 35 anni, non riesce più ad uscire di casa da solo; due mesi fa gli attacchi di panico l’hanno colto mentre era a tavola con la sua famiglia. Da allora le crisi sono tornate ogni due o tre giorni. Soffriva anche prima di cicliche forme d’ansia, ma ora comincia a escludere dalla sua vita tutte le situazioni che teme possano provocare gli attacchi di panico. Ha un rapporto molto stretto con la madre casalinga, un buon lavoro, e vive ancora in famiglia. Vorrebbe andare a vivere da solo ma non ci ha mai pensato seriamente.

L’errore. Lasciarsi soggiogare dai riti familiari

Claudio è ingabbiato in una casa da cui non sa uscire: nella sua vita il focolare domestico è accogliente ma troppo invadente; qualcuno lo dovrebbe ridimensionare, ma Claudio si è adagiato nella sua gabbia dorata. Guarda caso, in questa situazione arrivano gli attacchi di panico… È come se la sua energia vitale, che in famiglia si sta spegnendo, gli dicesse: attento, qui rischi di soffocare!

La soluzione. Stimolare il bisogno di libertà

Per ridurre il  bisogno di accoglienza e sicurezza casalinga, è necessario stimolare il bisogno di libertà: nella vita di Claudio deve entrare in scena una parte più battagliera. Questo suggerimento – che gli arriva durante una seduta di psicoterapia – si traduce in una ricerca progressiva di maggiore autonomia, a cominciare proprio dalla famiglia: inizia a cucinare da solo, si occupa della propria stanza e, nel frattempo, cominciare a cercare un’altra abitazione. La madre non approva: ma pian piano Claudio acquisisce sicurezza e finalmente si ribella. Andrà a vivere da solo. E gli attacchi di panico cominciano a diradare…

Riza

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