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Un gioco pericoloso: la dipendenza affettiva

Quando vengono alterati gli equilibri di gioco che rendono stabile un rapporto e ci troviamo in una posizione che ci imposta perennemente su uno stato di sofferenza stiamo dando inizio a un gioco pericoloso.

La dipendenza fa sì che una persona  viva un rapporto nella gelosia e nel possesso.

Con l’altra persona si instaura un rapporto a senso unico nel quale il dipendente cerca di rispondere passivamente ai bisogni dell’altro oscurando completamente i propri.

Il dipendente affettivo non ama la persona per la sua bellezza e originalità, per il suo fascino e per il suo essere insostituibile, ma neanche lo rispetta, non lo ama neanche per la sua libertà, perché è incapace di vero amore in quanto il dipendente ama l’immagine archetipica che c’è nell’altro”. (Tu vali molto di più – dott. Carlo D’Angelo)

L’altra persona diventa il baluardo di sentimenti che rispecchiano l’idea che il dipendente ha.

Questa idea è il fulcro principale attorno al quale questo gioco imposta le sue regole.

Un gioco che diventa pericoloso quando risulta difficile per il dipendente avere a che fare con il lato oscuro e quindi non vissuto del suo bambino interiore. Non ha stimoli nel ricercare quella chiave di volta che sbloccherebbe il livello di gioco. Le persone dipendenti credono che colmare tutto il loro vuoto d’amore dando all’altro sia il segreto per rendere stabile e duratura la relazione.

Si vive in un’erronea concezione di sé che va sempre più conformandosi all’idea che si ha dell’altro.

A partire da questa idea ci si concentra sul fatto che l’altro diventa lo strumento per sanare le ferite del dipendente, il suo idolo di guarigione.

Vivere rapporti in questo modo significa non vivere sé stessi completamente, sentirsi frammentati e perennemente  in contrasto con quelle parti oscure e in ombra della nostra vita.

La cosa importante da comprendere invece è quanto sia alle volte necessario imparare a vivere anche quelle parti più oscure della nostra vita, quelle più recondite che sono poi quelle parti non vissute.

Il dipendente ha paura quasi ad avere contatti con queste parti, visti come aspetti animaleschi del proprio io. Ma questo è proprio il motivo per cui il gioco si imposta su una modalità di dominio.

Il dipendente potrebbe iniziare a guardare con altri occhi la scissione che c’è dentro di sé, iniziare a vedersi come un integrità. Questa sarebbe la strada maestra per la guarigione.

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